I beni comuni e le pratiche di commoning

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Beni comuni e Living Lab

L’idea di instaurare pratiche di governo dei beni comuni (collective goods” o ”common good”), attraverso la responsabilizzazione delle comunità locali, è motivata dalla presenza di una risorsa in comune fra le persone che necessita di un’ azione collettiva per essere gestita.

Questa esigenza incrocia il mutamento del paradigma culturale con cui si costruiscono le politiche pubbliche, che diventano sempre più “contrattualizzate” (dove si assiste alla transizione dall’autorità all’accordo) e orientate a un approccio di governance, sempre più caratterizzato da un approccio inclusivo. Nel caso delle risorse idriche, per esempio, cambia il modo di intendere la risorsa che da illimitata (bene pubblico, non escludibile e non sottraibile) passa ad essere considerata come un common (bene comune, con alta difficoltà di esclusione e sottraibilità elevata) il cui utilizzo è da gestire e regolare in modo diverso da quanto fatto sinora.

Il mutamento culturale in corso a proposito della gestione dei beni comuni, intende ripensare il rapporto tra cittadini e amministrazioni pubbliche e le condizioni che ne permettono l’autogoverno. La domanda sottesa è: in che modo, nella società contemporanea, i cittadini possono governare dal basso e in maniera cooperativa le loro risorse comuni?

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Il presupposto alla base non è quello di concepire una società senza istituzioni, ma una società dove:

  • le istituzioni facilitano e sostengono l’azione collettiva e sviluppano le opportunità di interazione;
  • la comunità locale adottano comportamenti cooperativi nella configurazione, per esempio,  di regole comuni per l’utilizzo del bene.

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A questo proposito, acquistano interesse le pratiche di cittadinanza attiva che si ispirano ai modelli della sharing economy e creano relazioni interpersonali, facendo attività c.d. di commoning, ovvero realizzano un progetto collettivo, operano pratiche condivise, dove centrale a definire cosa si intende per bene comune diventa il  “il nesso” che s’instaura tra gli individui. Riprendendo le parole di Carlo Donolo “I beni comuni non sono tanto cose che abbiamo in proprietà comune quanto aspetti e componenti della vita sociale che necessariamente dobbiamo condividere o dobbiamo riconoscere come presupposti indispensabili per l’agire sociale”.

Il tema del governo dei beni comuni, incontra il tema della competitività e dell’innovazione  ed è un terreno favorevole per favorire la collaborazione con i destinatari di un servizio quando questo si trova ancora in fase di sviluppo. Lo strumento del Living Lab è un interessante esempio di applicazione del modello di innovazione basato sul coinvolgimento degli utenti/destinatari per individuare forme di autogoverno dei beni comuni.

I Living Lab consistono nella creazione di contesti aperti di progettazione, dove interagiscono ricercatori, sviluppatori, progettisti e destinatari/utenti nella realizzazione del processo innovativo. In questo ambiente gli utenti sono chiamati ad interagire fornendo feedback utili alla realizzazione del servizio/prodotto oggetto del percorso di innovazione.

In tal senso, sono uno strumento che ben si adatta alla filosofia dei beni comuni, che vengono anche letti come “laboratori di sviluppo di capacità e co-responsabilità”, secondo un modello di  comunità basato sull’esercizio consapevole dei propri diritti e delle proprie responsabilità.

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